Resistenza

LA RESISTENZA IN FRIULI E PISATURO ORLANDO

Anche in Friuli, tra i molti militari italiani sbandati dopo l’8 settembre – da considerare che Udine era sede della Divisione alpina Julia e ospitava molti ufficiali di vario grado – si verificarono episodi concreti di tentativi di riorganizzazione al fine di costituire una forza di resistenza ai nazifascisti. Già nell’autunno del ’43 si formarono i primi “gruppi patriottici di resistenza” che in queste fasi iniziali si limitarono a favorire la fuga di militari catturati dai tedeschi nel mentre si cercava di raccogliere armi e uomini.

Durante l’inverno ‘43-44  questo movimento clandestino ebbe modo di consolidarsi fino al costituirsi – nei primi di giugno del ’44-  di vere e proprie formazioni partigiane ( “Osoppo” e “Garibaldi” ) i cui quadri di comando e direzione erano costituiti sostanzialmente da ex ufficiali e studenti, mentre la base risultava composta da operai e contadini e tra questi bisogna comprendere anche diversi militari dispersi di origine meridionale.

Il quadro che si delinea dopo la caduta del fascismo e il caos seguito all’armistizio, è molto simile a quello che si configura anche in altre zone dell’Italia centro-settentrionale non ancora liberata : ed è quello legato all’incontro tra militari fedeli alle “stellette”, antifascisti della vecchia guardia,  militanti del movimento operaio e socialista e una nuova leva antifascista rappresentata soprattutto da studenti. E’ questa commistione che innesca la miccia del movimento partigiano di Resistenza al nazifascismo.

In particolare nella formazione e organizzazione delle formazioni osovane – che videro confluire forze cattoliche e “azioniste” – non va sottovalutato il ruolo svolto dal clero cattolico locale: furono diversi i preti che, anche in piccole parrocchie,  si esposero prodigandosi per la formazione di una forza cattolica armata da affiancare alle formazioni comuniste garibaldine contro l’occupazione tedesca .

Nel successivo corso della guerra partigiana in Friuli, avverrà spesso che le brigate osovane e quelle garibaldine abbiano tentato e spesso con successo, di unificare i comandi: nel settore orientale questo avvenne ad agosto del ’44 – con la 1° Div. unificata Osoppo Garibaldi – ma ad ottobre la Osoppo, di fronte alla volontà garibaldina di farla dipendere operativamente dal Corpus sloveno, abbandonerà il comando unificato . Nel settore occidentale su sollecitazione del CLN di Pordenone le brigate osovane e garibaldine si riunirono nella Brigata unificata I. Nievo A , che si sfalderà invece sotto la spinta della grande offensiva invernale nazifascista.

un gruppo di partigianiLo sviluppo e l’ulteriore allargarsi del movimento partigiano in tutto il Friuli, su sollecitazione del CLNAI e del CVL , permisero alle formazioni partigiane di liberare ampi territori allo scopo di mobilitare strati sempre più ampi di popolazione. Tra marzo e luglio 1944 effettivamente si formarono diverse zone libere, tanto che questi territori venivano organizzati democraticamente, con libere elezioni di giunte comunali.

La lotta partigiana fu dura e cruenta, ma a fine luglio ’44 la Carnia e le tre Valli sono liberate. Nasce la Zona libera, la più vasta territorialmente (2580 Kmq, popolazione 90000 abitanti, 38 comuni, 7 liberati parzialmente).

A parte le rabbiose e violente spedizioni punitive dei tedeschi in svariate località (Forni di Sotto, Esemon di Sotto, incendio a Bordano, rappresaglia con forze da Gemona , Venzone, Osoppo, scontri tra Paluzza e Tolmezzo), tutto questo determinò negli alti comandi tedeschi la necessità di un ulteriore massiccio e più strutturato rastrellamento nell’autunno-inverno del ’44, supportato dall’intervento di consistenti reparti combattenti. Inoltre vi era la volontà di “occupare” il territorio così “liberato” con truppe fidate. Nasce così il provvedimento tedesco del trasferimento dei cosacchi collaborazionisti in Friuli, qui infatti nel settembre del ’44 furono fatti affluire circa 20mila cosacchi armati; i tedeschi d’altro canto ammassarono circa 14mila uomini ben armati del loro esercito. Fu questo lo spaventoso schieramento che muoverà l’attacco contro le zone partigiane di montagna con strategia concentrica al fine di evitare le azioni di ripiegamento dei ribelli.

L’8 ottobre 1944  inizia l’operazione Waldlaufer (Corriere del bosco) per eliminare la Zona libera prendendo il via da Tolmezzo e alla fine di novembre ’44 il rastrellamento si allarga in diversi punti del Friuli come nel settore “destra Tagliamento” .

In questo settore nei primi tre giorni i combattimenti sono intensissimi, e solo per la scarsità del munizionamento risulta impossibile una difesa frontale e si inizia il ripiegamento dei partigiani. Dalle Valli Cellina e Meduna questi muovono verso la Val Tramontina e anche nella zona Navarons-Poffabro  i Battaglioni della “I.Nievo” ( “Bixio” e “Buzzi”) sono costretti a ritirarsi.

E’ in questo scenario che si innesta la vicenda personale di un giovane partigiano salernitano:

Orlando Pisaturo ( di Alfonso e di Amato Maria), nato a Giffoni Valle Piana (in provincia di Salerno) il 25 novembre 1926, si era poi trasferito nella frazione Le Monde di Prata di Pordenone , probabilmente per seguire un fratello maggiore.

Ancora diciottenne, nell’autunno del 1944, assieme ad un altro giovane proveniente dalla frazione Ghirano di Prata, Alessandro De Bon (nome di battaglia “Sandokan”), si era unito al battaglione “Buzzi” della brigata Ippolito Nievo, facente capo alla divisione Garibaldi Sud Arzino.

Non sappiamo i motivi del suo trasferimento in Friuli, quel che è certo che aderì al movimento partigiano adottando il nome di battaglia “Darma”. E furono proprio loro due, “Sandokan” e “Darma” , che si trovarono coinvolti in un combattimento a fuoco con i nazifascisti e repubblichini a Casasola di Frisanco il 6 dicembre del 1944. In questa zona infatti avvenne lo scontro nel quale i due rimasero uccisi  e all’epoca, provvisoriamente tumulati nel cimitero locale.

Le salme dei due giovani partigiani il 13 maggio del ’45 furono poi traslate a Ghirano, trovando collocazione una a fianco dell’altra. Negli anni ’80 si era persa traccia di queste sepolture, ma grazie alla volontà e determinazione del giornalista Giacinto Bevilacqua dell’ANPI di Sacile, sono state di nuovo individuate.

L’ANPI di Sacile si è fatta promotrice di una azione di sensibilizzazione verso le autorità comunali alfine di rendere i giusti onori e una rinnovata dignitosa sepoltura ai due amici partigiani – uno friulano e l’altro salernitano- che con il loro sacrificio hanno permesso la Liberazione del Friuli e dell’Italia.

Scheda a cura di Ubaldo Baldi

Qui l’elenco dei caduti salernitani dopo l’8 settembre in attività di resistenza o prigionia